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"Quando scrive uno dei suoi rari contributi che intitola "Una forma senza chiusure", Bonetti ha trent'anni. Peccato non abbia scritto di più: la prosa, concisa, senza sbavature, centra come un bersaglio il cuore dell'espressione, i nodi del proprio lavoro, con precoce consapevolezza. Il risultato 'al quale solo in definitiva occorre rifarsi', la precisazione di una generazione, la sua, 'priva di sicuri punti di riferimento', la vorace curiosità 'di accostare e di assorbire gli stimoli e le suggestioni che venivano dalla poesia, come dalla saggistica, dalla fotografia come dalla realtà, dalla cultura figurativa del presente come da quella del passato'. Bonetti, contraddicendo quanto hanno spesso scritto di lui, dichiara come la sua esperienza non consista tanto in un prelievo dalla realtà, quanto nella restituzione di quella 'suggestione', precipitato dell'esservi immersi. Importanti sono state per Bonetti le sollecitazioni ricevute dalla lettura di una poesia, dalla cattura dello sguardo di un'immagine fotografica, dal colloquio con alcuni maestri della sua contemporaneità (su tutti Giacometti e Bacon)." (M.C. Rodeschini)